La Masseria fondata nel 1595

L’Antica Masseria Venditti, azienda a conduzione familiare, adotta come simbolo la residenza di famiglia che risale al 1595 situata nel territorio di Castelvenere. Costruita su fondamenta di origine longobarda, serviva ai nostri avi come abitazione invernale per la vicinanza ai terreni da coltivare. Qui si custodiscono i ricordi.

Situata a poca distanza da un Tempio Basiliano, come la tradizione vuole nel 602 vi nacque San Barbato, Vescovo di Benevento, ricordato per aver convertito i Longobardi al Cristianesimo. Per la fertilità delle terre, divenne Cella dei monaci Benedettini, dedita alla produzione di derrate alimentari per approvvigionare le Abbazie, contribuendo così alla crescita e alla storia enoica del territorio. La maggiore produzione era riservata al vino, bene prezioso e indispensabile per il lavoro quotidiano.

Fa da testimone un torchio maestoso denominato “Torchio di Plinio” gelosamente custodito.

La passione e l'amore tramandato per la mia terra mi hanno consentito di realizzare il sogno della mia vita: produrre vino di alta qualità.L'impegno profuso fino ad oggi mi consente di migliorare e mantenere inalterata sempre di più la cultura del vino e del territorio.

Nicola Venditti, Enologo

Dagli anni 80 ad oggi

La svolta innovativa arriva negli anni ‘80 quando il testimone passa al figlio Nicola, enologo, con competenza che deriva da preparazione professionale ed esperienza diretta, forte delle proprie idee e della fiducia in se stesso punta sul biologico, su ulteriori ricerche e sperimentazioni, sul recupero e valorizzazione di vitigni autoctoni, convinto della strada da proseguire. Da allora Nicola Venditti non concede soste al suo lavoro in vigna e alla grande pulizia in cantina pur di conseguire risultati che siano sempre più gratificanti. Il suo sguardo è costantemente rivolto al domani, al futuro avvalendosi della collaborazione fattiva di Lorenza e dei figli Andrea e Serena.

La Famiglia Venditti è riuscita a preservare la memoria della cultura di vignaioli, divenire custode di antichi vitigni, alfiere del biologico, responsabile di un bagaglio di tradizioni a cui tocca il compito di continuare la secolare tradizione che fa proseguire per la direzione giusta, forte, tortuosa ma piena di soddisfazioni.

Gli anni 50

Grazie a un microclima unico qui sono nate le più iconiche uve come falanghina, grieco, cerreto, coda di volpe, barbera, aglianico, montepulciano, piedirosso protette da ciliegi, castagni, noci, querce e olivi. Era a metà del secolo scorso quando il Cavaliere Pasquale Venditti e la moglie Maria hanno reimpiantato questi vitigni antichi, con diligenza seguendo i ritmi cadenzati della natura. Poi è iniziato il lungo viaggio nel tempo e nei luoghi, attraverso le colline di Castelvenere, nei territori in cui nascono e danno i nomi ai nostri vini, nel recupero delle varietà autoctone con l’idea di produrre vini solo nel suo territorio.

La vera storia del Barbera Barbetta®

Nella seconda metà dell’800 scorso tre grandi flagelli si abbatterono sulla viticoltura: l’oidio, la peronospora e la fillossera. La fillossera causò la distruzione di gran parte dei vigneti italiani ed europei e di conseguenza la richiesta di vino fu maggiore. Il governo, con ammirevole tempestività, istituì le “cattedre ambulanti” per istruire gli agricoltori, mettendo in atto tecniche per la corretta coltivazione della vite. Furono creati “campi sperimentali” dove, su portainnesto selvatico americano, vennero impiantate quindi salvate tutte le varietà di viti esistenti in loco. Nella Valle Telesina furono impiantati tre “campi sperimentali” di cui uno a Castelvenere sul terreno di un antenato Venditti. Il sistema di allevamento fu a filari molto simile all’odierno Guyot. Tra le tante varietà di uve ce n’era una particolarmente buona a detta dei viticoltori e soprattutto dei vinificatori di allora. Era un’uva rossa che produceva un vino molto colorito, si prestava meglio delle altre alla “colorazione di uve bianche” e dava struttura ad altri vini prodotti con uve non ben dotate.

Fu identificata come l’uva di Venditti soprannominato “Barbetta” per via della barbetta che soleva portare.

Fu così che l’uva di “Barbetta” divenne, poi, più semplicemente “uva Barbetta”. E da “Barbetta” a “Barbera” il passo fu breve. Si deve ricordare che attorno agli anni ‘50, imperversava in tutt’Italia un vitigno adatto a produrre un vino di qualità e quindi facilmente commerciabile, la Barbera per l’appunto. Ma i viticoltori della zona, convinti che il loro Barbetta non fosse da meno del Barbera nazionale, fecero intendere agli acquirenti di uva e di vino che la vera Barbera era il vitigno che essi avevano impiantato. Il vecchio Barbetta si trasformò in Barbera e venne ufficialmente riconosciuto e indicato come clone autoctono del Sannio.

Il Barbera proveniente da altre zone d’Italia non dava gli stessi risultati del Barbera locale, poiché era un vitigno che nel Sannio Beneventano esprimeva solo in parte le sue reali potenzialità. Pertanto la coltivazione del Barbera nazionale fu abbandonata e, nel tempo stesso, per mancanza di barbatelle innestate con il Barbera locale, non venne più impiantato questo vecchio vitigno.

Con molta tenacia, passione e fede l’Antica Masseria Venditti ha continuato a coltivare un vigneto del vecchio Barbera le cui gemme furono prese dal campo sperimentale di Castelvenere ed innestate su selvatico in una vigna nel 1968.

Dopo fortunose vicende il Barbera è tornato sulla scena con una produzione “cru”, finalmente col suo nome di origine “Barbetta®”.

 

Prof. Pasquale Palma – 1999

Pasquale Venditti nel Vigneto di Barbera - Foto Dr. Sciarra - 1935 - Museo del Sannio di Benevento